E, in base queste osservazioni, l'universo distante sembra scorrere al rallentatore, fornendo per la prima volta una prova osservativa nel cosmo primordiale dello strano effetto previsto da Albert Einstein più di un secolo fa.
La dilatazione del tempo osservata è una conseguenza della teoria della relatività generale combinata con l'espansione dello spazio.

In particolare, gli scienziati hanno scoperto che gli eventi sembrano svolgersi cinque volte più lentamente guardando al tempo in cui l'universo aveva appena 1 miliardo di anni, o circa un decimo della sua età attuale, a causa del modo in cui l'espansione dell'universo stesso dilata lo spazio-tempo. "Vediamo che le cose cambiano circa cinque volte più lentamente di oggi", ha affermato Geraint Lewis, professore di astrofisica presso l'Università di Sydney e autore principale dello studio pubblicato su Nature Astronomy. "È come guardare un film al rallentatore".

Una conseguenza dell'espansione dell'universo è che la luce si allunga mentre viaggia attraverso il cosmo, spostandosi verso lunghezze d'onda più lunghe. L'effetto, noto come redshift, fa apparire le galassie antiche più rosse di quanto non siano. Ma, con lo spazio si "allunga" anche il tempo. Così, ad esempio, se un oggetto in allontanamento lampeggiasse una volta al secondo, l'intermittenza sembrerebbe molto più lenta vista dalla Terra. Ovviamente, però, ciò non vuol dire che il tempo stia scorrendo in modo diverso localmente ma rallenta rispetto al nostro sistemi di riferimento.

Secondo la teoria della relatività ristretta, la misura di due orologi dipende dal loro moto reciproco. Maggiore è la loro velocità relativa, più lento è ogni orologio rispetto all'altro. Quindi, seppur entrando in gioco anche la relatività generale, il concetto non cambia per le galassie: dal momento in cui vediamo le galassie distanti allontanarsi da noi, è chiaro che dobbiamo aspettarci di vedere anche il tempo rallentare.


Tempo rallentato

La dilatazione del tempo non è solo teorica ed è stata osservata, anche se in quantità minime, nei satelliti in orbita attorno alla Terra. Per esempio, deve tenerne conto l'ormai familiare sistema GPS (Global Positioning System), utilizzato per la misurazione, oltre che della posizione, anche della velocità del ricevitore relativa alla Terra.
Inoltre, gli astronomi hanno già visto le stelle esplodere al rallentatore quando l'universo aveva metà della sua età attuale, con lampi e dissolvenze dispiegarsi a circa la metà della normale velocità. Queste osservazioni sono basate sulle supernove di tipo Ia, utilizzate come candele standard perché hanno una luminosità massima costante e una curva di luce coerente. Ciò significa che tutte si illuminano e sbiadiscono in un periodo di tempo simile. È già stato dimostrato più di una volta che più di una supernova di tipo Ia è distante e più la sua curva di luce è allungata. In altre parole, una supernova lontana impiega più tempo per illuminarsi e svanire rispetto a una supernova più vicina, ossia il tempo sembra rallentare con la distanza.

Secondo il modello cosmologico standard, questa correlazione tra la distanza e la dilatazione del tempo dovrebbe risalire fino al fondo cosmico a microonde. Tuttavia, mentre tutte le prove che abbiamo raccolto supportano questa teoria, le evidenze sono molto limitate per l'universo primordiale. I tentativi di vedere la dilatazione del tempo nel cosmo primitivo osservando galassie estremamente luminose e lontane, chiamate quasar, finora non erano riusciti.

Laddove le supernove agiscono come un singolo lampo di luce, rendendole più facili da studiare, i quasar sono più complessi, come uno spettacolo pirotecnico", ha detto Lewis. "Quello che abbiamo fatto è svelare questo spettacolo pirotecnico, dimostrando che anche i quasar possono essere usati come indicatori standard del tempo per l'universo primordiale".


Il ticchettio dei quasar

Un quasar (QUASi-stellAR radio source, cioè "radiosorgente quasi stellare", così chiamati perché furono scoperti per la prima volta come punti luminosi di emissioni radio) è un nucleo galattico attivo estremamente luminoso, alimentato da un buco nero supermassiccio in accrescimento. Poiché il disco di accrescimento attorno al buco nero è relativamente piccolo, le fluttuazioni nella luce emessa dal quasar possono avvenire in pochi giorni. Questo li rende generalmente più facili da rintracciare ma non per le fluttuazioni emesse 12 miliardi di anni perché da allora l'universo si è espanso notevolmente.

I quasar non emettono luce in un singolo lampo come le supernove ma una sorta di ticchettio temporale. A causa della velocità finita della luce, ci vuole un po' di tempo prima che gli effetti attraversino l'AGN e, per questo motivo, le fluttuazioni dell'intensità di un quasar dipendono dalla dimensione dell'AGN. Quindi i quasar della stessa dimensione fluttuano in intensità alla stessa velocità. Tuttavia, prima di questo studio, non si era riusciti a distinguere se i quasar lampeggianti più lenti fossero un effetto della dilatazione temporale o dovuti semplicemente AGN più grandi.

Lewis e Brendon Brewer dell'Università di Auckland hanno condotto analisi statistiche dettagliate su 190 quasar ad alto redshift osservati in 20 anni dallo Sloan Digital Sky Survey (SDSS), Pan-STARRS e Dark Energy Survey  
I dati hanno mostrato il tempo fortemente rallentato indicando che la luminosità dei quasar "fluttua su e giù, come risultato di un sacco di fisica complicata nel disco di materia che ruota attorno a un buco nero quasi alla velocità della luce", ha detto Lewis

La prova ottenuta è un'ulteriore dimostrazione che viviamo davvero in un universo in espansione e che questa è iniziata dopo il Big Bang.