A causa delle geometrie orbitali impostate nel corso della missione, Cassini ha eseguito solo quattro fly-by attorno a Rea, la seconda luna di Saturno dopo Titano, in termini di dimensioni. Durante questi passaggi ravvicinati, lo spettrometro ultravioletto UVIS ha registrato un curioso assorbimento non identificato centrato vicino a 184 nanometri. I ricercatori hanno quindi provato a ricreare un mix di molecole con le stesse caratteristiche in laboratorio, scoprendo che composti di idrazina monoidrato e diverse molecole contenti cloro potevano dare lo stesso risultato.
Rea orbita attorno a Saturno ad una distanza approssimativa di 8,75 raggi saturniani, più lontano rispetto alle sorelle minori Teti e Dione, in una zona dove gli effetti ed il riscaldamento prodotto dalle forze di marea inizia ad essere meno evidente. Pertanto la sua superficie è notevolmente craterizzata e meno rimodellata.
La sua temperatura superficiale può variare da circa -233,15 a -173,15 gradi Celsius. Ha un albedo coerente con una superficie composta da ghiaccio d'acqua (ulteriori approfondimenti sono sul mio libro "Con la Cassini-Huygens nel sistema di Saturno").
L'emisfero anteriore (cioè l'emisfero che per effetto della rotazione sincrona precede costantemente l'altro lungo l'orbita) viaggia irradiato dal plasma dell'ambiente saturniano, mentre le particelle dell'anello E di Saturno bombardano costantemente il satellite causando cambiamenti chimici superficiali. Tuttavia, la composizione esterna di Rea rimane per lo più in gran parte ancora sconosciuta.
In questo lavoro, Elowitz ha utilizzato i quattro spettri raccolti dall'Ultraviolet Imaging Spectrograph a bordo della Cassini, durante i quattro fly-by.
La posizione delle quattro osservazioni Cassini UVIS / FUV analizzate in questo documento, che campionano sia l'emisfero iniziale che finale di Rea.
Crediti: Science Advances, doi: 10.1126 / sciadv.aba5749
La chimica di Rea
In base alle immagini scattate dalla sonda Cassini, Rea e Dione sembrano avere una geomorfologia simile. Entrabe i satelliti di medie dimensioni sono circondati da deboli esosfere di ossigeno ed anidride carbonica con proprietà compositive e fotometriche simili. Entrambe sfoggiano degli emisferi anteriori più luminosi, forse per merito dell'anello E che deposita ghiaccio d'acqua puro sulle loro superfici. Partendo da queste informazioni, il team ha misurato gli spettri di diverse specie molecolari e miscele in laboratorio. Le letture dell'idrazina monoidrato (N2H4.H2O) e del triclorometano (CHCl3), cioè cloroformio, sotto uno strato di ghiaccio d'acqua, sembrano fornire la risposta migliore, abbinate con il modello di Hapke. Quest'ultimo è costituito da un insieme di parametri che descrivono le proprietà di riflettanza direzionale delle superfici di regolite nei corpi del Sistema Solare privi di atmosfera.
Spettri di riflettanza di Rea misurati con UVIS (spettri neri), in quattro osservazioni separate ed i modelli otennuti in laboratorio di due composti di clorometano e N2H4.H2O. Le misurazioni sono state acquisite a una temperatura di -203,15 gradi Celsius in condizioni di quasi vuoto per simulare l'ambiente superficiale della luna.
Crediti: Science Advances, doi: 10.1126/sciadv.aba5749
Ma da dove arrivano idrazina e cloroformio?
Il team ha esplorato possibili fonti.
I dati rilevati dalla Cassini mostravano la riflettanza UV solo dei primi micrometri di profondità delle superficie di Rea: lo strato di triclorometano rilevato era subito sotto alla pellicola di ghiaccio d'acqua proveniente dall'anello E di Saturno. Spiegarne la presenza non è semplice: richiederebbe composti del cloro originati da processi chimici endogeni e la presenza di un oceano sotterraneo o la consegna esogena da parte di micrometeoroidi o asteroidi contenenti cloro. Ad esempio, se i composti esistessero in profondità all'interno di Rea, potrebbero abbassare il punto di congelamento del ghiaccio d'acqua, aumentare la probabilità di uno strato di acqua liquida e migrare in superficie attraverso crepe nel guscio ghiacciato. Diversamente, potrebbero essere stati consegnati dagli asteroidi condritici nel corso della storia. Dapprima condensati in un punto, sarebbero stato ridistribuiti in altre regioni del satellite attraverso lo sputtering indotto da particelle cariche dalla magnetosfera di Saturno, considerata l'ampia distribuzione dei composti di cloro campionati.
Rispetto al triclorometano, la produzione di idrazina monoidrato è più facile da spiegare. Questo composto era, prima di tutto, il propellente usato dai propulsori della Cassini durante le manovre i quali, tuttavia, non venivano utilizzati durante i sorvoli attorno ai satelliti ghiacciati di Saturno. Inoltre, secondo gli scienziati, l'idrazina monoidrato può essere facilmente prodotto sulle superfici ghiacciate. Su Rea potrebbe provenire dalle reazioni chimiche che coinvolgono il ghiaccio d'acqua e l'ammoniaca o il rilascio di azoto dall'atmosfera di Titano.
In questo caso, il team non ha dubbi: la firma specifica a 184 nanometri veniva proprio dalla superficie di Rea. Qui, l'irradiazione dell'ammoniaca da parte delle particelle cariche della magnetosfera di Saturno ha indotto la dissociazione delle molecole di ammoniaca per formare diazina e idrazina. La fonte di ammoniaca su Rea potrebbe essere primordiale, incorporata al suo interno durante la formazione e portata in superficie in un primo periodo di attività endogena. Secondo Elowitz, però, è improbabile che queste molecole siano sopravvissute esposte così a lungo, suggerendo ulteriori analisi per comprendere il potenziale del trasferimento da satellite a satellite di materiali ed attraverso l'atmosfera di Titano. Quest'ultima sarà oggetto di un nuovo studio da parte del team per cercare ulteriori prove a sostegno della teoria.