Gli attuali sistemi adottati per la misura del tempo sono terribilmente macchinosi; normalmente, non ce ne rendiamo conto perché ci sono stati imposti fin dalla nascita e quindi simili complicazioni ci sembrano inevitabili, ma non è così!
Esistono, come vedremo, innumerevoli alternative molto più pratiche, anche partendo dall’assunto che alcune unità basilari vanno mantenute, poiché sono essenziali per la vita e i ritmi dell’uomo; esse sono il giorno e l’anno. Il modo in cui essi sono divisi, però, è ampiamente migliorabile.
La divisione del giorno
Per prima cosa, sarebbe opportuno fare iniziare il nuovo giorno non dalla mezzanotte ma dal sorgere del Sole o, meglio, dall’ora media in cui esso sorge. Infatti, se da un lato si perde il riferimento astronomico preciso della mezzanotte, dall’altro si guadagna in praticità e, soprattutto, si evita la fastidiosissima ambiguità della data nell’indicazione di eventi notturni. Infatti, nel parlare comune, diciamo “sabato all’una di notte” per indicare l’una di domenica mattina; a rigore, tuttavia, questo orario indicherebbe invece la notte tra venerdì e sabato! Questo avviene perché normalmente consideriamo la notte come la fase finale della giornata e non qualcosa da dividere arbitrariamente tra due giorni. D’altronde, la maggior parte delle persone si sveglia poco dopo le sei di mattina ed è allora che comincia realmente la nuova giornata; è giusto che l’orologio rispetti questa divisione naturale.
Per quanto riguarda la divisione vera e propria del giorno, il miglioramento (già individuato dopo la rivoluzione francese) sta nell’adozione di un “tempo metrico” che si basi sul sistema decimale anziché sessagesimale.
L’attuale divisione del giorno in ore, anche se basata su un numero “comodo” (24 è divisibile per 2,3,4,6,8,12), risulta decisamente grossolana per l’uomo moderno. La cosa più naturale da fare è quella di dividere il giorno in 100 parti uguali che potremo chiamare centigiorni ma che qui indicheremo come kilocronos (abbreviati in kc), per motivi che saranno più chiari in seguito. Una tale unità di tempo, già in uso nell'antica Cina (prima che gli occidentali imponessero il loro assurdo sistema), è comodissima poiché corrisponde ad un lasso di tempo di circa “un quarto d’ora” (in realtà 864 secondi ovvero 14’ 24”), intervallo che viene usato spessissimo per fissare durate ed appuntamenti e che consente di usare un semplice numero a 2 cifre, senza ricorrere a espressioni inutilmente prolisse: “ci vediamo alle 49” è sicuramente meglio di “ci vediamo alle sei meno un quarto di pomeriggio”!
Nella tabella vengono indicati gli orari in kc convertiti in quelli tradizionali:
A questo punto è necessario effettuare una divisione più fine del tempo per indicare orari precisi. Invece di passare per altre due unità (minuti e secondi), passiamo direttamente all’unità di base che è il “cronos” (c), ovvero la millesima parte del kcron cioè 10-5 giorni o 0,846 s. Rispetto al secondo, questo intervallo è più facile da conteggiare (non richiede brevi pause tra la pronuncia di un numero e quello successivo, almeno quando si conta da 1 a 10) ed ha anche una migliore giustificazione fisiologica, dato che corrisponde approssimativamente alla frequenza cardiaca tipica di un individuo adulto (69.4 battiti al minuto).
Oltre alla sintesi, il principale vantaggio nell’uso di un sistema metrico sta nel calcolo pressoché immediato degli intervalli di tempo: infatti, con il sistema attuale, se non si dispone di uno strumento di calcolo risulta arduo calcolare la durata di un intervallo di tempo: se, ad esempio, un evento inizia alle ore 7:26:23 e termina alle 10:19:16, è necessario calcolare prima la differenza sui secondi, fare il modulo a 60, riportarla sui minuti ecc. per ottenere, alla fine, 2h 52’ 53” (valore di per se scarsamente utilizzabile). Usando il sistema metrico, invece, lo stesso calcolo diventa una banale sottrazione a 3 cifre decimali: 18.005 - 5.999 = 12.006 kc, immediatamente convertibili in 12006 cronos.
La divisione dell’anno
Anche qui, come per il giorno, è necessario fare una riflessione preliminare sulla scelta del momento di inizio dell’anno. In occidente la scelta è alquanto arbitraria poiché non coincide con un evento astronomico significativo: esso cade infatti 2÷5 giorni prima del momento di massimo avvicinamento al Sole (perielio) e circa 10 giorni dopo il solstizio d’inverno. Sarebbe più opportuno far coincidere l'inizio dell'anno con uno dei due eventi ma, a causa della durata non intera dell’anno espressa in giorni, si verifica una variazione dell’ora del solstizio/perielio da un anno al successivo, con evidenti problemi per la definizione esatta del capodanno; inoltre, se ci riflettiamo, le nostre vite sono condizionate molto di più dalle variazioni climatiche stagionali che non dalla variazione della durata del giorno e della notte (ovvero dai solstizi/equinozi). Ora, da questo punto di vista la divisione in stagioni non è ottimale poiché, nell'emisfero settentrionale, il periodo più caldo dell’anno non inizia al solstizio d’estate ma circa 15/20 giorni prima, come è naturale se consideriamo che il solstizio è già il momento di massima insolazione; un simile anticipo riguarda tutte le stagioni e vale anche nell’emisfero australe. Perciò, suggerirei di far iniziare l’anno (e la stagione invernale) intorno al 5 Dicembre oppure intorno al 3 Marzo (inizio della primavera climatica).
Passando alla suddivisione vera e propria dell’anno, essa è oggettivamente complessa poiché bisogna conciliare tra loro le due durate fondamentali (anno e giorno) che purtroppo non sono una multiplo dell’altra, come già accennato. Il calendario gregoriano che oggi usiamo cerca di conciliare questa incongruenza tramite l’utilizzo di anni bisestili e di mesi con diverse durate. Quest’ultima scelta implica enormi scomodità, poiché non è semplice ricordare a memoria la durata di ciascun mese (il sottoscritto si è sempre rifiutato di farlo) e soprattutto rende necessario l’uso di un calendario come strumento o "protesi" per risalire al giorno della settimana; questo avviene perché il numero di settimane in un mese non è mai intero (escludendo Febbraio non bisestile).
In realtà, anche se può sembrare strano, si potrebbe fare a meno del calendario, così come non è necessario mantenere la suddivisione in settimane e mesi e, comunque, le durate di queste due entità possono essere variate poiché non riguardano cicli astronomici/biologici vincolanti. Si potrebbe obiettare che perlomeno il mese vada mantenuto poiché è legato alle fasi lunari che condizionano le maree e, secondo alcuni, i raccolti. In realtà, questi fattori sono sempre meno importanti nelle nostre vite e, semmai, il ciclo mensile naturale da rispettare dovrebbe essere quello femminile. In ogni caso, il mese come viene definito adesso ha una corrispondenza solo sommaria con il periodo sinodico lunare di 29.5 giorni o con quello mestruale di 28 giorni e infatti le fasi lunari/mestruali si verificano con discrepanze di almeno 1 giorno tra un mese e quello successivo!
A questo punto esiste un’ampia rosa di alternative tra cui scegliere. Adottando l’anno Giuliano (365.25 giorni, ovvero un numero intero di giorni in 4 anni) ci si ritrova comunque ad avere anni bisestili. La durata di un anno è un numero oggettivamente “difficile da gestire”, poiché dividendolo in fattori primi abbiamo:
366=61×3×2 per i bisestili; 365=73×5 per gli altri anni
In entrambi i casi, si tratta di numeri composti da un grosso fattore primo moltiplicato per cifre piccole; fra l’altro, tra i fattori non appare mai il 7 (il che rende illogica l’attuale suddivisione in settimane). Tuttavia, 364 è un multiplo di 7 (52×7=2×2×7×13) e questo darebbe la possibilità di conservare la suddivisione in settimane, ricorrendo ogni 4 anni a una mini-settimana aggiuntiva di 5 giorni per riportare la durata media a 365,25 giorni; indicheremo questa scelta come l’opzione (1a). Le 52 settimane normali potrebbero essere raggruppate in 4 stagioni di 13 settimane, annullando l’uso dei mesi; le date si indicherebbero con un numero a due cifre (settimana) seguito da una lettera o un numero che indica il giorno della settimana. In alternativa, ci sarebbero 13 mesi tutti da 4 settimane (28 giorni); questa possibilità (1b) è estremamente interessante poiché, da un lato, annullerebbe la necessità del calendario (tutti i mesi potrebbero ad esempio iniziare di lunedì e un dato giorno di qualsiasi mese è univocamente legato ad un preciso giorno della settimana); inoltre si avrebbe una durata del mese “comoda”, coincidente con la durata media del ciclo mestruale e più vicina al ciclo lunare. Uno schema alternativo più “rivoluzionario” è quello di portare la durata della settimana a soli 5 giorni (ovviamente non si potrebbe più chiamare settimana) avendo così a disposizione 73 settimane. Essendo 73 primo, la divisione in mesi/stagioni sarebbe impossibile (opzione 2a) a meno di non introdurre una settimana “extra mese” a fine anno e avere così 12 mesi di 30 giorni (ovvero 6 mini-settimane) rendendo comunque superflui i calendari (2b). Negli anni bisestili, la settimana “extra” durerebbe 6 giorni.
L’idea di una mini-settimana o “pentimana” da 5 giorni può apparire spiazzante e potrebbe dare fastidio a qualche fanatico religioso, date le radici bibliche; tuttavia, personalmente ritengo possa essere un miglioramento rispetto alla settimana lavorativa attuale, a volte estenuante nella sua lunghezza. Naturalmente, al fine di mantenere quasi immutato il monte ore lavorate, è necessario ridurre il fine settimana a 1.5 giorni anziché 2 oppure alternare fine settimana lunghi e brevi (2 e 1 g). Nell’ultimo caso, alternando anche l’avvicendarsi dei fine settimana lunghi in due turni di lavoro, avremmo un ciclo lavorativo completo di 10 giorni con soli 2 giorni di “fermo totale” e altri 2 di attività dimezzata, con possibili vantaggi nella continuità produttiva.
La tabella sottostante fornisce un riassunto delle varie opzioni discusse, elencandone anche pregi e difetti. (personalmente opterei per la 2b):
Opzione | mesi | settimane | pentimane | esempio di data | pregi | difetti |
1a | no | 52 | 1 ogni 4 anni | 50a | eliminazione calendario | settimana breve ogni 4 anni |
(settim.+giorno) | 4 stagioni di 13 sett. esatte | accumulo di scarto fino a 5 giorni | ||||
Estrema sintesi nelle date | mancanza della divisione in mesi | |||||
1b | 13 | 52 | no | 27/13 | eliminazione calendario | numero primo di mesi |
(28 gg) | 4 per mese | (giorno/mese) | durata biologica del mese | divisione in stagioni difficoltosa | ||
2a | no | no | 73 | 69b | eliminazione calendario | mancanza della divisione in mesi |
(pentim.+giorno) | Estrema sintesi nelle date | divisione in stagioni difficoltosa | ||||
ciclo lavorativo sopportabile | cambiamento più traumatico | |||||
2b | 12 | no | 72 + 1 extra | 30/12 | eliminazione calendario | pentimana extra-mese finale |
(30 gg) | (6 per mese) | (giorno/mese) | ciclo lavorativo sopportabile | divisione in stagioni diseguali? |
Ulteriori sviluppi
Fin qui si è parlato di riforma del tempo, o meglio della sua misura. Un simile approccio critico, in fondo, si potrebbe applicare anche alle altre grandezze fisiche, sebbene qui un cambiamento appaia meno urgente poiché si usano già sistemi metrici decimali, per nostra fortuna (naturalmente, sto deliberatamente ignorando sistemi arcaici e complicati come quello “imperiale”, in uso tuttora presso gli anglosassoni).
Nello specifico, se si decide di adottare il “cronos” come unità di tempo, questo ha inevitabili ripercussioni anche su tutte le grandezze derivate in cui appare il tempo e, in particolare, sul valore della velocità della luce nel vuoto. Il nuovo valore risulterebbe essere circa 2.59·108 m/c, come si vede nella tabella sottostante sulle velocità. A questo punto, visto che la velocità della luce è ormai una costante che definisce l’unità di misura delle lunghezze, perché non cambiare anche tale definizione in modo da semplificarla, dicendo che l’unità di misura delle lunghezze è lo spazio percorso dalla luce in un miliardesimo di cronos? La nuova unità di misura diventerebbe lo “iatos” (i), pari a 25.90206837 cm. Tra l’altro, questa unità costituirebbe una concessione/ammiccamento agli anglosassoni, poiché è solo del 2% superiore a 10 pollici, facilitandone l’adozione universale. Di fatto, le nuove velocità in iatos/cronos si ottengono moltiplicando quelle in m/s per ≈3,335640952.
Velocità | SI (m/s) | Misto (m/c) | Nuovo (i/c) |
c | 299792458,0 | 259020683,7 | 1000000000 |
suono (20°C) | 332 | 286,8 | 1107 |
rot. Terrestre (equatore) | 463,8 | 400,7 | 1547 |
rivol. Terrestre | 29784 | 25734 | 99350 |
cost. Hubble H0 (1/Mpc) | 69000 | 59616 | 230159 |
Conclusioni
Molti potrebbero reputare folle questo lavoro. Di sicuro, adottare questi nuovi standard richiederebbe uno sforzo notevole, sia in termini di cambio di abitudini sia, almeno all’inizio, in termini economici. C’è poi da considerare l’effetto psicologico/culturale di rottura con i sistemi del passato. Tuttavia, è mia convinzione che lo sforzo valga la pena, poiché ci ritroveremmo con un sistema di misura del tempo molto più semplice ed intuitivo, la cui praticità sarà certamente apprezzata soprattutto dalle generazioni future.