Certo, la probabilità che la Terra, o qualsiasi pianeta, venga sbalzata fuori dalla sua orbita è molto remota come ci insegna la fisica newtoniana: un oggetto in movimento rimane in movimento a meno che su di esso non agisca un'altra forza. In questo caso ci vorrebbe una forza significativa per spingere un pianeta fuori orbita ma la storia ci insegna che in passato già ci sono stati grandi sconvolgimenti. Uno dei modelli più ampiamente accettati sulla formazione del Sistema Solare, il modello di Nizza, descrive come i pianeti esterni siano migrati verso l'interno all'inizio della storia, devastando i mondi rocciosi interni, forse spostando o addirittura inghiottendo protopianeti più piccoli durante il processo. Ora, Angel Zhivkov e Ivaylo Tounchev del Dipartimento di Matematica e Informatica dell'Università di Sofia in Bulgaria, dopo aver eseguito una serie di simulazioni al computer, hanno voluto dimostrare che un tale sconvolgimento sarà improbabile nei prossimi 100.000 anni.
Il loro studio è stato pubblicato su ArXiv. Da esso, abbiamo estratto la seguente tabella con le fasce di oscillazione dei principali elementi orbitali nel periodo in questione.
Credits: A. Zhivkov & I. Tounchev - Processing/improvement: Marco Di Lorenzo
Come si vede, i semiassi maggiori a delle orbite (distanze media dal Sole in unità astronomiche), così come le eccentricità e (ossia, quanto l'orbita differisce dalla forma circolare) e le inclinazioni i (gli angoli rispetto al piano del Sistema Solare o piano dell'eclittica) non cambieranno in modo significativo per nessuno dei pianeti.
Nello studio è stato incluso anche l'ex-pianeta Plutone che oscillerà appena nel lasso di tempo preso in esame.
E cosa succede dopo?
Più si va avanti nel tempo, più le previsioni diventano difficili, poiché l'Universo reale è sempre un po' caotico ma Zhivkov e Tounchev credono che "con semplici ragionamenti e valutazioni aggiuntive [...] la tesi potrebbe essere dimostrata per un milione di anni". Ma "la stabilità del Sistema Solare potrebbe essere dimostrata per i prossimi cinque miliardi di anni", dicono, basta avere un po' di potenza di calcolo aggiuntiva. In sostanza, i 100.000 anni indicati nello studio sono legati esclusivamente ai sistemi informatici utilizzati dagli scienziati che non hanno permesso di guardare oltre.
Ma, se proprio vogliamo cercare il pelo nell'uovo, anche il modello utilizzato non è perfetto. Non tiene conto degli effetti relativistici e presuppone che i pianeti siano masse puntiformi, cosa che, ovviamente, nella vita reale non sono. Ma forse l'omissione più evidente dal calcolo sono i milioni di corpi più piccoli nel Sistema Solare: asteroidi, comete e tutto il resto. Di per sé, gli effetti gravitazionali di questi oggetti sono trascurabili ma come collettività, nel corso di miliardi di anni, potrebbero certamente far sentire la loro influenza.