Questo materiale, che si trova ancora oggi conservato in gran parte inalterato nelle meteoriti, ha mostrato che la Terra e Marte si sono formati con mattoncini originati nel Sistema Solare interno e, solo una piccola percentuale degli elementi costitutivi di questi due pianeti ha avuto origine oltre l'orbita di Giove.
I risultati dello studio hanno conseguenze di vasta portata per la nostra comprensione del processo che ha formato Mercurio, Venere, Terra e Marte. La teoria che postula che questi quattro mondi rocciosi siano cresciuti fino alle dimensioni attuali accumulando ciottoli di polvere di dimensioni millimetriche dal Sistema Solare esterno non è sostenibile.
Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Science Advances.
C'era una volta...
Circa 4,6 anni fa, una nuvola di gas e polvere orbitava attorno al giovane Sole. I milioni di anni successivi, durante i quali si sono formati i pianeti interni del Sistema Solare, sono descritti da due diverse teorie.
Secondo quella più datata, la polvere nel Sistema Solare interno si agglomerava in pezzi sempre più grandi, raggiungendo gradualmente le dimensioni della Luna. Mercurio, Venere, Terra e Marte sarebbero quindi nati dalle collisioni di questi embrioni planetari. Una teoria più recente, tuttavia, descrive un processo diverso: "ciottoli" di polvere di dimensioni millimetriche migrati dal Sistema Solare esterno verso il Sole.
Entrambe si basano su modelli teorici e simulazioni al computer volte a ricostruire le condizioni e le dinamiche del primo Sistema Solare ed entrambe descrivono un possibile percorso di formazione dei pianeti. Tuttavia, nessuno sa con assoluta certezza quale sia corretta.
Nel tentativo di trovare conferme o smentite, la nuova ricerca ha determinato la composizione isotopica dei pianeti rocciosi Terra e Marte.
"Volevamo scoprire se i mattoni della Terra e di Marte hanno avuto origine nel Sistema Solare esterno o interno", ha detto il dott. Christoph Burkhardt dell'Università di Münster, primo autore dello studio. Gli isotopi dei metalli rari titanio, zirconio e molibdeno trovati in minuscole tracce negli strati esterni ricchi di silicati di entrambi i pianeti forniscono indizi cruciali.
Le meteoriti raccontano
Il team è partito dal presupposto che gli elementi non fossero distribuiti uniformemente nella nebulosa proto-planetaria attorno al Sole ma piuttosto, la loro abbondanza dipendesse dalla distanza dalla stella.
Come riferimento per l'inventario isotopico originale del Sistema Solare esterno e interno, i ricercatori hanno utilizzato due tipi di meteoriti: le condridi carboniose (Cc), che possono contenere fino a una piccola percentuale di carbonio e hanno avuto origine oltre l'orbita di Giove; e le condriti non-carboniose (Nc) che sono considerate figlie del Sistema Solare interno.
Questi pezzi di roccia generalmente sono arrivati sulla Terra dalla cintura degli asteroidi, la regione tra le orbite di Marte e Giove e sono considerati materiale in gran parte incontaminato degli inizi del Sistema Solare.
La precisa composizione isotopica degli strati rocciosi esterni accessibili della Terra e di entrambi i tipi di meteoriti è studiata da tempo ma, nel nuovo documento, i ricercatori hanno esaminato anche i campioni di 17 meteoriti provenienti da Marte, che dovrebbero corrispondere a sei tipi tipici di roccia marziana e hanno analizzato per la prima volta l'abbondanza di tre diversi isotopi metallici.
Il team ha rilevato piccole quantità di isotopi di titanio, zirconio e molibdeno e ha eseguito simulazioni al computer per calcolare il rapporto in cui questo materiale trovato oggi nelle condriti carboniose e non carboniose deve essere stato incorporato nella Terra e su Marte per riprodurre le rispettive composizioni note.
Le nuove evidenze
I risultati mostrano che gli strati rocciosi esterni della Terra e di Marte hanno poco in comune con le condriti carboniose del Sistema Solare esterno. Rappresentano solo il 4% circa dei mattoni originali di entrambi i pianeti.
"Se la Terra primitiva e Marte avessero principalmente accumulato grani di polvere dal Sistema Solare esterno, questo valore dovrebbe essere quasi dieci volte più alto", ha commentato il prof. Thorsten Kleine dell'Università di Münster, che è anche direttore del Max Planck Institute for solar system Research a Gottinga. "Non possiamo quindi confermare questa teoria della formazione dei pianeti interni", ha aggiunto.
Inoltre, secondo il team, l'accrescimento deve essere avvenuto in due fasi per spiegare la diversa storia degli isotopi di titanio e zirconio e molibdeno. Quest'ultimo, a differenza del titanio e dello zirconio, si accumula principalmente nel nucleo planetario metallico. Le minuscole quantità che si trovano ancora oggi negli strati esterni ricchi di silicati, quindi, sarebbero state aggiunte solo durante l'ultimissima fase della crescita del pianeta.
L'ingrediente mancante
La ricetta del team per la formazione dei pianeti interni del Sistema Solare è ricca ma non completa. Le simulazioni al computer suggeriscono, infatti, che doveva essere in gioco anche altro materiale da costruzione.
"La composizione isotopica di questo terzo tipo di materiale, come dedotto dalle nostre simulazioni al computer, implica che deve aver avuto origine nella regione più interna del Sistema Solare", ha detto Burkhardt.
Dato che i corpi molto vicini al Sole non sono mai finiti nella cintura di asteroidi, questo materiale è stato quasi completamente assorbito dai pianeti interni e quindi non si trova nelle meteoriti. "Si tratta, per così dire, di 'materiale da costruzione perduto' a cui oggi non abbiamo più accesso diretto", ha detto Kleine.
"Il fatto che la Terra e Marte apparentemente contengano principalmente materiale proveniente dal sistema solare interno si adatta bene alla formazione di pianeti dovuta alle collisioni di grandi corpi nel sistema solare interno", da commentato Burkhardt.