Questa galassia era già nota agli astronomi: venne scoperta con il telescopio spaziale Hubble diversi anni fa e, grazie alla sua Wide Field Camera 3, era stato possibile effettuare una prima valutazione della distanza.
La nuova ricerca, pubblicata su Nature Astronomy, raffina il risultato. Lo studio è stato condotto da un team internazionali di scienziati guidato da Linhua Jiang del Kavli Institute for Astronomy and Astrophysics e dal prof. Nobunari Kashikawa dell'Università di Tokyo, in collaborazione con i ricercatori degli Osservatori della Carnegie Institution for Science, dello Steward Observatory, dell'Osservatorio di Ginevra, dell'Università di Pechino e dell'Università di Tokyo.

 

L'inizio dei tempi

Secondo i modelli cosmologici più ampiamente accettati, l'Universo è iniziato con il Bang Bang circa 13,8 miliardi di anni fa.
Dopo circa 370 mila anni, entrò in quella fase chiamata dark ages (o "Medioevo" cosmico) che si protrasse per miliardi di anni. A quel tempo, le uniche fonti di luce erano i fotoni rilasciati in precedenza, che oggi rileviamo come Cosmic Microwave Background (CMB) e quelli originati dagli atomi di idrogeno neutro. Tuttavia, gli astronomi ancora non riescono a vedere molto dell'Universo primordiale, pur spingendo gli strumenti sempre più al limite per scovare indizi ed osservare la nascita delle prime galassie. Vedere la luce da quei luoghi remoti è difficile, a causa di un redshift troppo elevato. Questo "spostamento verso il rosso", in cui la lunghezza d'onda della luce è allungata (o spostata, appunto) verso l'estremità rossa dello spettro, attraversa tutto il cosmo prima di arrivare a noi, mentre l'Universo continua ad espandersi (qui, un nostro approfondimento). Per gli oggetti che, invece, si avvicinano alla nostra galassia, l'effetto è invertito: la lunghezza d'onda si accorcia e si sposta verso l'estremità blu dello spettro (blueshift).

Per quasi un secolo, gli astronomi hanno utilizzato questi effetti per determinare la distanza delle galassie e la velocità con cui l'Universo si sta espandendo. In questo caso, il team ha utilizzato il telescopio Keck I a Maunakea, Hawaii, per misurare il redshift di GN-z11 e determinarne la distanza. Alcune firme chimiche, chiamate linee di emissione, imprimono pattern distinti nella luce degli oggetti lontani. Misurando quanto risultano "allungate" queste firme rivelatrici, gli astronomi possono dedurre quanto ha viaggiato la luce che ci ha raggiunto, ricavando così la distanza dalla galassia sotto osservazione.
I risultati ottenuti hanno confermato che GN-z11 è la galassia più lontana (e più antica) mai osservata.
"Da studi precedenti, la galassia GN-z11 sembra essere la galassia più lontana da noi rilevabile, a 13,4 miliardi di anni luce" (in chilometri, 127 seguito da 21 zeri)", ha detto Kashikawa nel comunicato stampa. "Ma misurare e verificare una tale distanza non è un compito facile."

"Abbiamo esaminato specificamente la luce ultravioletta, poiché questa è l'area dello spettro elettromagnetico in cui ci aspettavamo di trovare le firme chimiche spostate verso il rosso", ha detto Kashikawa. Il telescopio spaziale Hubble ha rilevato diverse volte queste firme, “tuttavia, non è in grado di risolvere le linee di emissione ultraviolette nella misura necessaria. Quindi ci siamo rivolti ad uno spettrografo a terra più aggiornato, uno strumento per misurare le linee di emissione, chiamato MOSFIRE, che è montato sul telescopio Keck I alle Hawaii", ha aggiunto.
In particolare, il team ha esaminato le linee di emissioni di carbonio e dell'ossigeno doppiamente ionizzati (CIII e OIII) provenienti da GN-z11, che nella gamma dell'ultravioletto, hanno lasciato la galassia spostandosi di 0,2 micrometri nell'infrarosso quando hanno raggiunto la Terra.

Quando si lavora con distanze così grandi, è impossibile esprimersi con le unità di misura familiari, come i chilometri o multipli di essi. Gli astronomi usano perciò il redshift, indicato dalla lettera "z". La stima iniziale effettuata con Hubble utilizzando la riga Lyman-alfa dell'idrogeno era intorno a z=11,1, adesso Kashikawa e il suo team hanno migliorato l'accuratezza del valore z della galassia di un fattore 100 ed è risultato un valore leggermente più basso, z=10,957 ± 0,001. Se le prossime osservazioni lo confermeranno, potremmo affermare con certezza che GN-z11 è la galassia più lontana mai rilevata nell'Universo. A questa distanza, GN-z11 rappresenta, per ora, anche il confine dell'Universo osservabile.