Così come si è propagato sulla Terra, causando vittime, sconvolgendo le nostre vite a livello professionale ed emozionale, con importanti ripercussioni sull’economia globale, il COVID-19 ha colpito a macchia di leopardo anche l’industria aerospaziale e il mondo scientifico in generale. I paesi interessati hanno dovuto fronteggiare l’epidemia mettendo in pista tutte le misure necessarie per salvaguardare la salute pubblica e dei propri dipendenti, con conseguenti difficoltà operative. Non sono mancate, però, le eccezioni.
Cina
Può sembrare curioso ma in Cina, dove tutto ha avuto inizio, l’ambizioso programma di esplorazione spaziale è proseguito, in questi mesi, apparentemente senza rilevanti contrattempi. Forse, nel fronteggiare l’emergenza epidemiologica ha giocato un ruolo importante il Capodanno Cinese, che quest’anno si è celebrato il 25 gennaio. S tratta di una festività le cui celebrazioni durano settimane, durante le quali le attività sono ridotte al minimo e molte aziende chiudono per una decina di giorni o più. Tale circostanza ha probabilmente favorito una riorganizzazione delle procedure di sicurezza e della produzione nelle zone più colpite, limitando tutto sommato l’impatto dell’epidemia nel settore industriale cinese.
Pur avendo collezionato qualche piccolo insuccesso che non ha nulla a che vedere con il coronavirus, come il fallimento del vettore veterano dello spazio Long March 3B e del nuovo Long March 7A, il governo di Pechino si sta velocemente affermando come leader mondiale nell’esplorazione spaziale. Al momento la Cina ha una missione in corso sul lato opposto della Luna, Chang’e 4, che utilizza come ripetitore per le comunicazioni il satellite Queqiao, l’unico al mondo a operare dal punto di Lagrange L2 del sistema Terra – Luna. La Cina ha inoltre lanciato il nuovo razzo, Long March 5B, che fornirà maggiori capacità di carico e di manovra e, nell’ambito della stessa missione, ha testato la nuova capsula per voli con equipaggio, che porterà gli astronauti cinesi in orbita, sulla Luna e nello spazio profondo. L’Agenzia Spaziale Cinese (CNSA) sta, inoltre, pianificando una missione su Marte e la costruzione di una stazione spaziale orbitante attorno alla Terra. Ed entro quest’anno, lancerà un’altra missione sulla Luna, Chang’e 5, che riporterà dei campioni di roccia lunare nei laboratori terrestri.
Stati Uniti
Analogamente, negli Stati Uniti, dove l’emergenza COVID-19 è arrivata più tardi rispetto ad altri paesi, la NASA ha confermato le missioni imminenti, pur riconoscendo le difficoltà del momento. Tra queste la capsula Crew Dragon della SpaceX, che renderà nuovamente autonomi gli Stati Uniti nei voli con equipaggio dai tempi dello Space Shuttle, è prevista per il lancio il prossimo 27 maggio; il rover Perseverance partirà per Marte tra il 17 luglio ed il 5 agosto e proseguono i lavori sul James Webb Space Telescope, che sarà lanciato il prossimo anno. Solo alcune attività hanno subito un fermo temporaneo dovuto alle ulteriori restrizioni adottate per contrastare l’epidemia ma senza conseguenze sulla pianificazione.
Chiaramente, molte cose sono cambiate. A livello organizzativo, la NASA ha dovuto reinventare le procedure: allungando i periodi di quarantena degli equipaggi della Stazione Spaziale Internazionale, per esempio; o ridisegnando il controllo missione presso il Kennedy Space Center (KSC) per garantire una distanza di 1,8 metri tra ogni postazione di lavoro. I prossimi lanci spaziali, che normalmente avrebbero attirato una gran folla sulla costa della Florida, avverranno a porte chiuse mentre il pubblico è invitato a seguire la diretta da casa.
L’Agenzia Spaziale Americana è anche scesa in prima linea per fronteggiare l’emergenza COVID-19 e, in soli 37 giorni, gli ingegneri del Jet Propulsion Laboratory (JPL) hanno realizzato il prototipo di un ventilatore polmonare convertendo le risorse generalmente utilizzate per lo spazio, nella produzione di dispositivi medici. Il prototipo si chiama VITAL (“Ventilator Intervention Technology Accessible Locally”) e, non appena otterrà tutte le certificazioni, sarà rilasciato con una licenza gratuita per consentirne la libera produzione alle aziende private del settore.
In Europa
Alcune attività internazionali e alcuni paesi sono stati maggiormente colpiti dall’emergenza COVID-19 e i loro programmi hanno subito un brusco arresto. L’agenzia spaziale europea ESA e la russa RosCosmos hanno preso la difficile decisione di rinviare di due anni la missione congiunta del rover ExoMars 2020. Il provvedimento è una conseguenza indiretta dell’epidemia di coronavirus. Le due agenzie, infatti, hanno ritenuto necessari ulteriori test sul paracadute del modulo di discesa, sull’elettronica e sul software la cui organizzazione sarebbe stata gravemente compromessa dalle restrizioni dettate dalla pandemia.
Il team ha fatto di tutto per non mancare la finestra di lancio collocata tra il 26 luglio e l’11 agosto 2020, cercando di superare le diverse difficoltà incontrate durante la fase di progettazione, assemblaggio e collaudo. Come altre sonde che saranno lanciate questa estate, la partenza di ExoMars avrebbe dovuto sfruttare il momento astronomico migliore per i viaggi verso Marte, ossia quando il Pianeta Rosso e la Terra sono più vicini. Questa circostanza si verifica ogni 26 mesi, pertanto il rinvio ha inesorabilmente posticipato la missione di ben due anni.
“Abbiamo preso una decisione difficile ma ponderata nel rinviare il lancio al 2022. Guidata principalmente dalla necessità di massimizzare la solidità di tutti i sistemi ExoMars e dalle circostanze di forza maggiore legate all’esacerbazione della situazione epidemiologica in Europa che ha impossibilitato i nostri esperti nel raggiungere le industrie partner”, ha dichiarato nella press release Dmitry Rogozin, direttore del RosCosmos.
In ogni caso, il posticipo della missione ExoMars, in base alle informazioni attuali, non influirà sui programmi futuri delle agenzie: l’Ufficio Stampa RosCosmos ci ha confermato via mail che “l’industria spaziale russa continua a lavorare secondo il piano adottato mantenendo tutte le misure precauzionali anti-COVID-19” e che, ad esempio già “due lanci sono stati eseguiti dal cosmodromo di Baikonur”.
In risposta all’evolversi della pandemia, l’ESA ha ridotto drasticamente il personale nel suo centro di controllo a Darmstadt, Germania. La raccolta dei dati scientifici su quattro missioni (Cluster, ExoMars Trace Gas Orbiter, Mars Express e Solar Orbiter) è stata interrotta per alcune settimane, mentre tutto il personale si è concentrato sulle attività inderogabili, come la manovra di gravity assist attorno alla Terra eseguita dalla sonda BepiColombo il 10 aprile scorso, senza la quale la missione avrebbe mancato Mercurio a dicembre 2025.
Anche tutti i lanci di Arianespace dallo spazioporto nella Guyana francese sono stati sospesi per circa un mese e le attività stanno ripartendo questa settimana.
Stessa sorte è toccata all’ESO, organizzazione formata da paesi membri per la maggioranza europei che gestisce i grandi telescopi in Sud America. Le misure cautelative messe in atto a causa del dilagare della pandemia hanno portato allo shutdown degli osservatori di Paranal, La Silla, Chajnantor e dell’interferometro sub-millimetrico ALMA gestito dall’ESO in collaborazione con altri partner internazionali.
In Italia, il ciclo 03 sulla ricerca di onde gravitazionali è stato interrotto prima del previsto con la chiusura dell’interferometro VIRGO, situato in Toscana, nel comune di Cascina. La decisione ha seguito a ruota i provvedimenti presi in America dopo il fermo di LIGO. Ed il futuro è ancora incerto.
Come negli Stati Uniti, anche in Europa le agenzie spaziali sono diventate parte attiva nella lotta contro la pandemia: l’ESA ha messo a disposizione 10 milioni di euro per la sperimentazioni di tecnologie spaziali mirate a migliorare l’assistenza sanitaria e l’apprendimento a distanza. Il bando “Space in response to COVID-19 outbreak” è stato presentato in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana ASI, del Ministro per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione (MID) e del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio. Le proposte sono state raccolte tra dal 31 marzo al 20 aprile scorso.
Nel resto del mondo
Mentre gli Emirati Arabi stanno procedendo con la missione Hope, una sonda che verrà inviata su Marte la prossima estate con vettore giapponese dallo spazioporto di Tanegashima, l’Indian Space Research Organization (ISRO) ha risposto alla pandemia COVID-19 mettendo in pausa i lanci e spostando le risorse sulla produzione di ventilatori polmonari e disinfettanti. Tuttavia l’emergenza, ancora attuale, potrebbe avere ripercussione sul lungo periodo.
L’ISRO aveva messo in calendario circa due dozzine di lanci, incluso il volo inaugurale di Gagagyaan 1 e Aditya-L1 entro quest’anno. Il primo è un veicolo spaziale per i voli con equipaggio che avrebbe dovuto compiere 3 test: due senza pilota, mentre l’ultimo avrebbe portato due astronauti in orbita a 400 km sopra la Terra, per 7 giorni, nel 2022. La seconda è la prima sonda indiana dedicata allo studio del Sole e sarebbe dovuta partire questa estate. Inoltre, la missione lunare Chandrayaan-3, che era prevista per quest’anno, è stata posticipata alla prima metà del 2021.
Al momento tutta la ricerca, lo sviluppo e la produzione sono fermi a causa delle restrizioni pandemiche, incluse oltre 100 industrie, grandi e piccole del settore privato incaricate di produrre componenti per le missioni dell’ISRO. Ma il problema non sono solo i ritardi: a quanto sembra, per far fronte all’impatto economico generato dal coronavirus, potrebbe essere messa in atto una ricalibrazione dei fondi per spostare il budget disponibile verso i settori prioritari.
L’ultimo colpo all’esplorazione spaziale indiana è arrivato dalla Russia, dove è stato interrotto l’addestramento da astronauta dei quattro piloti dell’aeronautica indiana presso lo Yuri Gagarin Training Center, a seguito della morte di Yevgeny Mikrin, capo del programma di voli spaziali umani al RosCosmos. Mikrin è risultato positivo al coronavirus il mese scorso ma asintomatico, secondo l’agenzia di stampa TASS. Nessuna correlazione tra il COVID-19 ed il decesso è stata resa pubblica, tuttavia l’accaduto ha destato qualche preoccupazione anche oltreoceano perché, prima della diagnosi, il 9 aprile, aveva presenziato al lancio della Soyuz che trasportava un astronauta americano e due cosmonauti russi alla Stazione Spaziale Internazionale.
Come gli astronauti
Lo spazio è un luogo complicato che ha già una certa familiarità con i concetti di quarantena e protezione. Fin dalle prime missioni, gli stati si sono posti il problema della contaminazione, da e verso la Terra, valutato con un’attenzione crescente negli ultimi anni.
In base ai protocolli, le cosiddette tecnologie di protezione planetaria vengono correntemente applicate: queste servono per pulire e sterilizzare i veicoli spaziali e per la manipolazione dei campioni di suolo, roccia e atmosfera restituiti durante le missioni. Le combinazioni di trattamenti chimici, sterilizzazione a caldo, sistemi meccanici, sommati al tempo che una navicella trascorre nello spazio esposta alle radiazioni, garantiscono un grado di sicurezza accettabile. Tuttavia, ultimamente gli attori in gioco nel settore aerospaziale, pubblici e privati, sono aumentati e nessuno può avere la certezza che tutti stiano prendendo le giuste precauzioni.
Dopo l’esperienza COVID-19 appare chiaro che ogni approccio dovrà essere ancora più proattivo, accurato e oculato e dovrà entrare a far parte di un’educazione pubblica generale. Sonde ed essere umani, però, non possono essere gestiti allo stesso modo. E qui entra in gioco la distanza sociale che tanto ci appare insostenibile in questo momento ma è routine per gli astronauti. Vivere isolati o in gruppi ristretti, in ambienti piccoli e per lunghi periodi per loro fa parte dell’addestramento, per molti di noi, invece, è stata un’esperienza devastante. Proprio come fanno i cosmonauti in orbita, abbiamo cercato di colmare la distanza con famiglia ed amici attraverso i plus che la tecnologia ci offre (chat, social, telefono…). Abbiamo dovuto imparare a fare ordine nelle nostre vite, a seguire dei programmi giornalieri e fissare dei piccoli obiettivi quotidiani, tenendo sempre ben presente lo scopo principale di questo sacrificio, ossia limitare e bloccare la diffusione del virus per tornare il prima possibile a quella che finora era considerata “normalità” sulla Terra.
Sebbene i parallelismi con la nostra situazione attuale siano difficili perché l’arresto sociale globale che abbiamo vissuto e stiamo, in parte, ancora vivendo non è stata una scelta, possiamo trasformare le dure regole dettate dalla pandemia COVID-19 in un’esperienza di apprendimento e ricordare questi momenti come preziose lezioni.