Venerdì 7 agosto 2020, alle 1:12 a.m. locali (le 7:12 italiane) è decollato, dalla rampa 39A del Kennedy Space Center, in Florida, un razzo Falcon 9 con a bordo un nuovo lotto di 57 satelliti della costellazione Starlink e due satelliti BlackSky, della Spaceflight Industries.
Il primo stadio utilizzato per questa missione è il numero di serie B1051, qui al suo quinto volo. Infatti B1051 ha volato la prima volta, portando in orbita la capsula Crew Dragon senza equipaggio per il test DM-1, nel marzo 2019, poi ha compiuto la missione RADARSAT del Canada, e due voli Starlink, il 3 ed il 6, nel 2020. Anche questa volta, eseguita la fase iniziale della missione, dopo 2 minuti e 25 secondi si sono spenti i nove motori Merlin 1D ed è stata eseguita la manovra di rientro. Una volta rallentata la discesa, grazie all'accensione di tre dei nove motori, il Falcon 9, ha raggiunto la piattaforma galleggiante oceanica 'Of Course I Still Love You', che si trovava a circa 630 km al largo delle coste della Florida, ed è atterrato regolarmente su di essa. Anche per le due semi-ogive, che proteggono il carico utile nella delicata fase iniziale del volo, è stato tentato il recupero al volo ma, questa volta, non ha avuto successo. Comunque, anche se recuperate dall'acqua, dopo una scrupolosa ripulitura, le semi-ogive sono già state riutilizzate in voli successivi. Intanto il secondo stadio procedeva verso l'orbita e circa 60 minuti dopo il lancio venivano rilasciati i primi due satelliti, i BlackSky, seguiti mezzora dopo, dai 57 satelliti Starlink del lotto 9.
Questo lancio segna l'88esimo volo di un Falcon 9, il 49esimo atterraggio totale dei primi stadi ed il 34esimo volo di un primo stadio riutilizzato. Durante il 2020 sono già stati compiuti 13 missioni Falcon 9, compresa il recente debutto con gli astronauti di DM-2. Nonostante questo volo sia chiamato Starlink-9, è il decimo dedicato a questo tipo di satelliti. Però il primo lancio, definito V0.9 era, diciamo, di prova, mentre quelli dal successivo in poi quelli operativi.
Nella foto la scia del lancio del Falcon 9/Starlink-9. Credit: SpaceX
Sebbene il volo Starlink-9 fosse stato previsto originariamente il 23 giugno scorso, le sei settimane di rinvio non sono state nessuna imputabili a problemi con il razzo ma piuttosto con le condizioni meteo avverse e problemi al carico utile (oltre che a conflitti con altre missioni). I prossimi due voli di SpaceX, non-Starlink, sono attualmente previsti con il satellite SAOCOM 1B – il primo lancio polare dalla costa Est negli ultimi 50 anni – e Crew 1, la prima missione operativa di Crew Dragon per il lancio di astronauti verso la Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Previste rispettivamente per la fine di agosto ed il tardo settembre, potrebbero però essere intervallate da diversi lanci Starlink. Con la missione Starlink-9 svoltasi con successo, la SpaceX si trova ora ad appena 4-5 voli dal far decollare il servizio internet Starlink, che potrebbe iniziare già dopo il lancio di Starlink-14.
Ricordiamo che Starlink, un progetto interno di SpaceX, si prefigge l'obiettivo di portare la connessione internet ad alta velocità su tutto il globo. La flotta dei satelliti necessari per questo si aggira su oltre 12.000 satelliti, con possibilità di arrivare alla stratosferica cifra di 30.000. Al momento i satelliti operativi in orbita sono 474, realizzando già la più grande flotta di satelliti in orbita. Ogni Starlink pesa, al lancio, circa 220 kg, e si muove nello spazio grazie a dei motori ad effetto Hall alimentati da gas Kripton. Anche questo nono lotto dispone su tutti i veicoli della schermatura Visorsat, inserita inizialmente nel volo n.8 per mitigare gli effetti di visibilità dal suolo. Infatti questo fatto, oltre ad aver reso popolare i lanci Starlink per lo spettacolare 'trenino' di satelliti che si forma nei primi giorni dopo la messa in orbita, aveva scatenato le ire della comunità astronomica internazionale. Però, una volta che i satelliti raggiungono la quota operativa di circa 550 km, la loro visibilità da Terra si riduce quasi a zero.
Nell'immagine, tratta dalla diretta, il blocco dei 57 satelliti dopo il rilascio dal secondo stadio. Credit: SpaceX
I due BlackSky invece sono parte di una flotta di satelliti destinati all'osservazione della Terra e monitorare i cambiamenti della sua superficie. I dati potranno essere inviati quasi in tempo reale a governi o enti privati. Al momento la flotta BlackSky è composta da sei satelliti operativi, compresi quelli lanciati in questa missione. Ogni BlackSky ha una massa di appena 55 kg e sono realizzati da LeoStella, una collaborazione fra la Spaceflight Industries e la Thales Alenia Space, il principale costruttore europeo di satelliti. La LeoStella ha la sua sede presso Tukwila, Washington, un sobborgo di Seattle. I satelliti hanno un sistema innovativo di propulsione termica che utilizza l'acqua. Ogni satellite è in grado di raccogliere fino a 1.000 immagini al giorno con una risoluzione di circa un metro.
E' notizia di questi giorni che la FCC, l'ente che negli Stati Uniti concede i permessi per le trasmissioni radio, ha appena approvato il piano di Amazon per una costellazione di satelliti, chiamata Kuiper, con scopi simili a quelli di Starlink, e composta da almeno 3.236 veicoli.
Insomma, l'Internet dal cielo, si farà affollato nei prossimi anni. Certo che i rischi per impatti fra queste migliaia di altri veicoli in orbita bassa si moltiplicheranno e si spera soltanto che i sofisticati software di controllo abbiano la potenza necessaria per scongiurare il disastro.
D'altro canto, per SpaceX, se il progetto Starlink prende piede saranno miliardi di dollari che arriveranno per finanziare il visionario Starship ed i sogni lunari e marziani del boss Elon Musk.