Molti risultati sono stati presentati all'American Astronomical Society Division for Planetary Science che si è tenuta nello Utah, mentre altre pubblicazioni stanno uscendo sulle principali riviste scientifiche.

Per esempio, le fotocamere di bordo hanno catturato delle viste uniche degli anelli mentre la navicella si tuffava coraggiosamente nel grande vuoto che separa Saturno dall'anello più interno.
La prima è stata ripresa il 28 maggio 2017 subito dopo il sesto passaggio ravvicinato.
Nel suggestivo mosaico, l'emisfero meridionale di Saturno è a sinistra decorato dalle ombre dell'anello A, mentre gli anelli emergono dall'orizzonte nebuloso del pianeta estendendosi sulla destra.

Saturno e gli anelli ripresi in un mosaico scattato dalla sonda Cassini il 28 maggio 2017, subito dopo il sesto passaggio ravvicinato attorno al pianeta

 Crediti: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute

Un'altra prospettiva unica è stata fotografata, invece, il 9 settembre 2017 quando la sonda aveva appena attraversato il piano equatoriale di Saturno ed ha puntato le sue fotocamere verso l'alto, cioè verso la faccia meridionale degli anelli. Gli anelli principali ci sono tutti in questa immagine, dall'anello C a sinistra all'anello A a destra, anche se molto compressi a causa della prospettiva.

Cassini: il mosaico degli anelli ripreso il 9 settembre 2017

 Crediti: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute

Durante le Ring-Grazing Orbits, i quattro mesi di orbite che hanno preceduto il Grand Finale, la Cassini ha documentato una vasta presenza di piccole strutture tra gli anelli, chiamate "eliche".
Queste caratteristiche a forma di "elica", appunto, si formano per la presenza di oggetti più grandi, o mini-lune, immersi al loro interno.
Il giorno prima dell'immersione nell'atmosfera di Saturno, la sonda è riuscita a fotografare tutte e sei le strutture monitorate dagli scienziati. I target osservati hanno il nome di famosi aviatori: Blériot, Earhart, Santos-Dumont, Sikorsky, Post e Quimby.

Il Neutral Mass Spectrometer (INMS), il "naso" elettronico della Cassini, ha restituito misure dirette dei componenti nell'atmosfera superiore di Saturno che si estende quasi fino agli anelli più interni. Questi stanno letteralmente piovendo verso il pianeta rilasciano in prevalenza acqua ma anche metano, una molecola che gli scienziati non si aspettavano si trovare (ricorderete che nelle immagini in falsi colori di Saturno, abbiamo sottolineato più volte la differenza cromatica fra il pianeta e gli anelli che non contengono il gas).

Gli ultimi dati stanno fornendo inoltre ulteriori informazioni sull'annoso problema della durata del giorno saturniano.
Per svelare il mistero, è fondamentale determinare se il campo magnetico di Saturno ha un'inclinazione apprezzabile o meno. Gli scienziati sono fiduciosi che la risposta è nei dati presi durante le ultime 22 orbite, dove la sensibilità di rilevazione della Cassini è quadruplicata. Ciò significa che se l'inclinazione del campo di Saturno è superiore a 0,016 gradi, la sonda è stata in grado di rilevarlo.

Altra domanda complessa alla quale si spera di poter dare una risposta più o meno definitiva riguarda l'età e l'origine degli anelli.
I modelli hanno infatti mostrato che, senza una forza di coesione, gli anelli si sarebbero dispersi in centinaia di milioni di anni e, di conseguenza, per essere lì ancora oggi, dovrebbero essere molto più giovani del pianeta. Precedenti ricerche hanno dimostrato che la presenza gravitazionale di Mima impedisce, per esempio, una diffusione verso l'esterno del materiale che compone l'anello B. Analogamente, gli scienziati avevano supposto che la piccola luna Giano fosse responsabile di confinare il bordo esterno dell'anello A. Ma nell'ultima fase della missione, la Cassini ha fornito una panoramica dettagliata delle onde complesse che si creano all'interno degli anelli ed ha determinato con precisione la massa delle lune di Saturno. Così, una nuova simulazione ha dimostrato che il contenimento è gestito da più satelliti cooperanti piuttosto che da uno solo. Pan, Atlante, Prometeo, Pandora, Giano, Epimiteo e Mima lavorano insieme sul bordo esterno dell'anello A.

Le fasce di radiazione di Saturno

Crediti: MPS, Imge of Saturn: NASA/JPL/Space Science Institute

Lo strumento MIMI-LEMMS (Magnetosphere Imaging Instrument - Low Energy Magnetospheric Measurement System) ha fornito una visione senza precedenti delle fasce di radiazioni che circondano Saturno.
Queste sono molto diverse da quelle di Van Allen attorno alla Terra: oltre ad essere fortemente energetiche, infatti, non sono influenzate dal vento solare. È stato possibile giungere a tali conclusioni solo grazie alla longevità della missione Cassini che ha potuto osservare il pianeta e le sue lune per oltre 13 anni. Lo strumento ha registrato, quindi, la distribuzione delle particelle cariche in prossimità di Saturno per un periodo di tempo che include un ciclo solare completo (che dura 11 anni). Dati così particolareggiati finora erano disponibili solo per la Terra.

Le fasce di radiazioni di Saturno sono gigantesche: dall'anello più interno raggiungono la luna Teti, estendendosi quindi per oltre 285.000 chilometri nello spazio. E questa è una differenza sostanziale con la Terra: mentre sul nostro pianeta, la nostra Luna si trova ben oltre i limiti della magnetosfera e delle cinture di radiazione, le fasce di radiazione di Saturno contengono molti dei suoi satelliti. Questi creano una sorta di muro di confine per le particelle energiche, in particolare protoni. Tali barriere a loro volta contribuiscono a delineare delle fasce di radiazioni isolate l'una dall'altra.

Sulla Terra le particelle ad alta energia che formano le fasce di Van Allen hanno due origini: alcune arrivano direttamente dal vento solare, altre arrivano dai raggi cosmici galattici, protoni incidenti ad alta energia provenienti dalla nostra Galassia. Quando questi raggiungono la nostra atmosfera innescano una serie di reazioni che producono elettroni e protoni ad alta energia. Il vento solare modula la radiazione cosmica e svolge un ruolo decisivo in questo processo. Inoltre l'attività solare ha grande rilievo sul nostro pianeta. Su Saturno, invece, la situazione è diversa. In alcuni periodi la Cassini ha registrato una certa relazione tra attività solare e fasce di radiazione ma in altri i due fenomeni non appaiono collegati. Piuttosto il team sospetta che, in questo caso, l'elemento rilevante sia la radiazione ultravioletta proveniente dal Sole. Questa radiazione può riscaldare localmente l'atmosfera di un pianeta. I venti turbolenti che ne risultano trasmettono le informazioni alla ionosfera che è "ancorata" alla magnetosfera attraverso il campo magnetico. Di conseguenza, i protoni nelle fasce di radiazione si diffondono molto più efficacemente del solito. A loro volta, incontrano le lune di Saturno e vengono assorbiti, creando i muri separatori a cui ho accennato prima.

Tuttavia, le nuove ed emozionanti scoperte ottenute grazie ai dati della Cassini, non riguardano solo Saturno.
Di recente un importate considerazione è stata fatta su Encelado: il calore generato dalle forze di marea potrebbe aver alimentato l'attività idrotermale per miliardi di anni sulla luna di Saturno (se il nucleo del satellite fosse altamente poroso). A questo risultato ho dedicato l'immagine di copertina del post.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Astronomy, non solo risponde alla domanda che gli scienziati si pongono da un decennio (e cioè, da dove proviene il calore che alimenta la straordinaria attività geologica di Encelado) ma ha importanti implicazioni anche sulle prospettive di abitabilità della luna (se le condizioni favorevoli alla vita durano da più tempo, questa ha avuto più probabilità di svilupparsi).

La Cassini aveva già ottenuto diverse prove che l'acqua riscaldata interagisce con il nucleo roccioso di Encelado creando una chimica favorevole al supporto della vita.
Una delle pistole fumanti sull'argomento è stata la rilevazione di piccoli grani rocciosi all'interno dei geyser espulsi dalle "tiger stripes"  al polo sud della luna. Questo tipo di reazione necessita di temperature di almeno 90° Celsius, una temperatura che secondo gli scienziati non può essere raggiunta con il solo decadimento degli elementi radioattivi all'interno del nucleo.
"Da dove Encelado prende l'energia rimane sempre un po' un mistero", ha dichiarato Gaël Choblet dell'Università di Nantes (Francia), autore principale dello studio, "ma ora abbiamo considerato in dettaglio la struttura e la composizione del nucleo roccioso della luna che potrebbe svolgere un ruolo chiave nella generazione dell'energia necessaria".

I risultati hanno mostrato che un nucleo sciolto e roccioso, con un 20-30 per cento di interstizi vuoti, potrebbe fare la differenza. Con una tale configurazione, le rocce all'interno di Encelado risponderebbero particolarmente bene alle forze di marea esercitate da Saturno e strofinando le une con le altre, creerebbero il calore giusto. Inoltre, le fessure permetterebbero all'acqua dell'oceano sotterraneo di penetrare in profondità dove può interagire con i minerali rocciosi e scaldarsi prima di risalire verso la superficie. I modelli indicano anche che questa attività dovrebbe essere massima ai poli della luna, come in effetti lo è.

Questo studio è il primo a spiegare alcune caratteristiche chiave di Encelado osservate dalla Cassini: l'oceano globale, il riscaldamento interno, il ghiaccio più sottile al polo sud e l'attività idrotermale. Ancora non spiega, però, perché i poli nord e sud sono così diversi.

I ricercatori stimano che in un arco di tempo che varia tra i 25 e i 250 milioni di anni, l'intero volume dell'oceano Encelado attraversa il nucleo della luna, il che corrisponde probabilmente ad una quantità di acqua pari al due per cento del volume degli oceani della Terra.