Credit: NASA Mars Reconnaissance Orbiter
Dopo anni di immagini ad alta risoluzione della superficie del Pianeta Rosso, una nuova ricerca si aggiunge alle recenti continue conferme: l'acqua un tempo scorreva sulla superficie di Marte.
Le reti di canali visibili nei crateri da impatto sarebbero condotti fossili, dove un tempo scorreva l'acqua che risaliva dal sottosuolo.
Il nuovo studio, a cura del neolaureato Lee Saper e del professore di scienze geologiche Jack Mustard, della Brown University, è in corso di stampa per la rivista Geophysical Research Letters.
Molti di questi segni erano già stati osservati dagli scienziati ma non era noto era il processo con cui si fossero formati.
Saper e Mustard ritengono che le venature visibili oggi siano state un tempo faglie e fratture formatesi sotto terra quando eventi da impatto scuotevano la superficie del pianeta. L'acqua indrotermale, se presente nel sottosuolo, sarebbe risalita da queste fessure verso la superficie, lentamente, depositando minerali, fino a riempire i condotti stessi.
Le rocce circostanti sarebbero poi state erose dagli agenti atmosferici, mentre all'interno delle crepe i minerali trasportati dall'acqua si sarebbero solidificati formando le creste che vediamo oggi.
Credit: NASA and Mustard Lab/Brown University
Per verificare la loro ipotesi i ricercatori hanno mappato oltre 4000 creste di crateri marziani, nelle regioni Nili Fossae e Nilosyrtis, grazie alle immagini ad alta risoluzione del NASA Mars Reconnaissance Orbiter (MRO).
I dati ottenuti sono coerenti con l'idea che queste pieghe siano nate proprio come fratture da impatto.
A Nili Fossae gli allineamenti lasciano pensare ad un evento su larga scala mentre Nilosyrtis presenta piccoli impatti.
"Questo indicherebbe che la formazione delle fratture era il risultato dell'energia sprigionata da eventi da impatto localizzati e non associata al vulcanesimo della regione", ha detto Saper.
E' importante sottolineare che i due scienziati hanno scoperto che, dove sono presenti le caratteristiche formazioni, c'è anche molto ferro, magnesio e soprattutto argilla, un minerale considerato il segno della presenza di acqua.
"L'associazione con questi materiali idrati suggerisce che c'era una fonte d'acqua disponibile", ha detto Saper. "Che l'acqua scorreva lungo il percorso di minor resistenza, che in questo caso sarebbero stati questi condotti".
I minerali depositati avrebbero lentamente ostruito le fratture, rendendole più resistenti all'erosione rispetto alla roccia circostante. Ed in effetti le creste sembrano essere visibili solo nelle zone particolarmente erose, indicando così la lora antica origine.
Una nuova ricerca, quindi, che conferma un antico sottosuolo marziano ricco d'acqua che avrebbe potuto ospitare la vita.
"Il tema principale dell'esplorazione planetaria condotta dalla NASA è l'acqua. Qundi, queste fratture dove scorreva il liquido idrotermale, che si sono trasformate in creste, avrebbero potuto creare una biosfera valida", ha aggiunto Saper.
Saper spera che Curiosity possa far luce sul processo.
Ritiene che all'interno del cratere Gale possano esser presenti piccoli canali simili a quelli studiati su scala più grande che, non avrebbero certo assunto lo stesso tipo di funzione ma potrebbero essere facilmente analizzati dal rover.
La nostra personale speranza è che oltre alla ricerca dell'acqua passata, Curiosity osservi più da vicino le piccole fessurazioni nel cratere Gale alla ricerca dell'acqua presente.
Argomento segnalato da: PIANETABLUNEWS